A Gerusalemme by Fiamma Nirenstein

A Gerusalemme by Fiamma Nirenstein

autore:Fiamma Nirenstein
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-10-23T16:00:00+00:00


Fratture

Quando nel 1991 scoppiò la Guerra del Golfo decisi di andare subito a Gerusalemme, perché era una storia giornalistica di prima categoria e perché vi abitava mia sorella. Fu allora che cominciai a prenderne possesso. Mi piazzai al King David, perché c'era la maggioranza della comunità dei giornalisti, e quindi era alquanto comodo abitarci. Un giornalista fa molto il saccente, e magari è coraggioso e colto, ma è comunque un essere gregario in gran parte delle sue attività: mangiare, andare nei luoghi della notizia, mandare il pezzo... e non si può fare a meno di stare spesso appiccicati l'uno all'altro per paura di prendere un buco.

Ma gran parte della giornata, e quindi degli allarmi a causa dei missili che Saddam Hussein lanciava su Israele, la passavo dalla Simona, in Rekhov Yotam. Lo preferivo anche perché il King David, completamente vuoto salvo che per qualche giornalista, era vasto e spettrale, i camerieri arabi si guardavano perplessi probabilmente senza sapere che cosa sperare, che i missili colpissero Gerusalemme e gli ebrei o che finalmente smettessero di cadere mettendo in pericolo loro stessi. I fiori del salone d'ingresso sembravano sorridere beffardi, e quando suonava la sirena per avvertire di correre al kheder atum, la stanza blindata, si capiva che era lontana, preparata su un piano solo, distante dalle camere degli ospiti. La casa di mia sorella era stata attrezzata per gli attacchi per quanto la sua famigliola aveva potuto: il bagno, affondato per un metro circa più del resto della casa nel terreno (si scendeva qualche scalino), era stato ben trasformato da Manuel, il marito di Simona, in un rifugio: sedie e coperte ci aiutavano a stare confortevolmente sul gabinetto o nella vasca, la radio sulla mensa di fronte allo specchio ci guidava, la voce di Nakhman Shai, il portavoce dell'esercito, ci diceva di bere acqua, di stare tranquilli, di aspettare, di non aprire ancora. Col nastro adesivo sigillavamo ogni volta la porta; il cane Dafka, biondo, più intelligente di noi, stava tranquillo e accuccia-to senza fare storie. Anche la Simona che aveva la pancia si accucciava nella vasca, coraggiosa e razionale anche in gravidanza di guerra.

Che quel pazzo avesse pensato che la cosa migliore per lui, attaccato dagli americani, era attaccare Israele, non ci destava tanto stupore, anzi ci pareva piuttosto naturale. Gerusalemme, si diceva allora, non dovrebbe essere a rischio, piena di arabi com'è; il mondo arabo dovrebbe aver spiegato a Saddam Hussein, che è un laico cialtrone, che deve evitare di colpire, Dio ne guardi, la Moschea di al-Aqsa. I palestinesi, però, salivano sui tetti invitando Saddam a colpire, a farla finita una buona volta con questi ebrei. Una volta chiesi al capo della polizia Shakhar Ayya-lon che mi facesse fare un giro delle strutture di sicurezza della città come lo fa la polizia, distribuzione e aggiustamento delle maschere, rifugi pubblici, meccanismi di allarme e uso della forza pubblica.

Ma nel mezzo dell'intervista itinerante, in auto dalle parti del Gan ha-Pa'amon, la sirena si mise a urlare. Ayya-lon si scusò in dieci secondi e mi disse che doveva andarsene di gran carriera.



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